Open/Close Menu Maria Giovina Russo
montagna

L’uomo montagna attenua la propria luce per potersi immergere nell’oscurità degli altri. Esita come chi attraversa un fiume in inverno; è indeciso come chi ha paura dei suoi vicini; è rispettoso come un ospite; è insicuro come del ghiaccio che si sta sciogliendo; è semplice come un blocco di legno non ancora scolpito; è vuoto come una valle; è privo di forma come acqua agitata

 

Immerso nell’arte di vivere in questo mondo, l’uomo montagna si occupa del presente –  e di se stesso. Il suo mondo interiore si incontra nella natura, e ieri si divide dal domani. Il Presente è l’Infinito in movimento, la legittima sfera del Relativo. La Relatività cerca l’Adattamento, ma l’Adattamento è Arte. L’Arte di vivere consiste in un adattamento costante all’ambiente. Accetta il mondo come è, cercando la bellezza nelle più aspre superfici – dove è quasi impossibile scorgerla.

Qui, l’immagine del mondo e l’immagine animatrice del corpo umano mantengono una fitta rete di contatti. Così i due versanti della montagna coesistono e non sono mai separati: umido e buio versante femminile e secco, luminoso versante maschile formano una totalità.

Questi due versanti mantengono anche aspetti fissi: infatti a ognuno dei due corrispondono vegetazioni e alberi di essenze diverse che non possono variare.
Tuttavia, in vetta, la roccia nuda presenta un aspetto unico che giunge fino alle nevi e ai ghiacciai.

A distanza, i colori ombrosi delle montagne si tingono di un blu più bello e più puro delle parti in luce, di conseguenza, se la roccia della montagna è rossastra, le sue parti luminose sono fulve, e più sarà illuminata più conserverà il suo colore naturale  Leonardo Da Vinci

Durante la salita, le fluttuazioni nate da eventi e comportamenti esteriori passano via rapidi: passano con leggerezza, si spengono in fretta senza lasciar traccia.. Impossibile indovinarne in anticipo la comparsa: sorgono rapidamente e scompaiono presto.

Una luce mette fine all’oscurità precedente: l’attenzione nell’istante luminoso così breve da non lasciare una scia duratura. Il ricordo di una folgorazione è quasi subito diluito: non viene registrato.

Quando tenta di ricordare quest’alternanza, il soggetto può chiedersi se non sia stato vittima di un’illusione. Questo va-e-vieni tra la notte e la luce, con un ritorno immediato all’oscurità, rischia di provocare un grande sconforto.

Superato questo, nella coscienza si instaura un senso di indifferenza. Questa nobiltà non fissa necessariamente l’attenzione. L’unico aspetto eccezionale è l’intensità: lacerando il quotidiano, questi bagliori segnalano il viaggio

 

Mentre si scala la montagna, questi diversi movimenti, passaggi irruenti tra luce e ombra – non si verificano. L’individuo si trova totalmente assorbito dal compimento di un’ascensione che gli toglie la possibilità di ogni pensiero. Eccolo interamente monopolizzato dall’istante.

La riconciliazione tra il versante in ombra e quello al sole diventa così totale che nessuna delle due facce conserva le proprie caratteristiche.

Per la montagna questi due aspetti rimangono irreversibili. Di qui la necessità di tener conto quando si inizia la scalata. Presenti nella persona votata all’ascensione della montagna interiorizzata, queste due facce si fondono.

Unendosi, annientano le proprie differenze.

Ulisse Bonifaci

L’Uomo Montagna. Ulisse Bonifaci su Falesia Olimpo, Manfredonia

Bisogna però comprendere il senso di stanchezza provato da certe persone preoccupate di non superare l’istante. Effettivamente, l’ingresso nell’istante non è un fatto rassicurante, e perciò si rimane sconcertati quando se ne prende coscienza. Se esiste rifugio – il più profondo, il più inattaccabile e più dolce per ospitare il proprio destino è nello spirito che migliora se stesso.

Il progresso che diventa rifugio cessa all’istante di coincidere con un miglioramento.

Caratteristica della salita è di non offrire più alcun rifugio, salvo luoghi provvisori che bisogna necessariamente abbandonare

 

Misurare alla partenza le proprie forze indurrebbe a scegliere la scalata di una collina invece che quella di una montagna. Ma sopraggiungono le energie – che all’improvviso animano il soggetto. Inattese, a volte ricevute con il contagocce – oppure la loro densità e ampiezza può lasciare sbigottiti, ma se ne coglie la funzione – l’apertura della prospettiva verticale. Più chiaramente, è il tempo verticale che il poeta scopre quando rifiuta il tempo orizzontale.

Questo tempo orizzontale si applica al divenire degli altri, al divenire della vita, al divenire del mondo. Ma il tempo orizzontale può incatenare e sospendere la salita: emergono allora tre esperienze successive, in grado di modificare le relazioni con il tempo orizzontale:

Si spezza il quadro sociale della durata, non riferendo il proprio tempo al tempo degli altri; si spezza il quadro fenomenico della durata: non riferendo il proprio tempo al tempo delle cose; e ancora – duro esercizio – si spezza il quadro vitale della durata:

non sapere più se il cuore batte, se spunta la gioia.. non riferendo il proprio tempo al tempo della vita. Di colpo si cancella tutta l’orizzontalità piatta: il tempo non scorre più, zampilla

 

 

 

Ulisse Bonifaci

Il maestro Ulisse Bonifaci durante la sua discesa

 

 


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