Open/Close Menu Maria Giovina Russo

gli strumenti del dire non sono il dire, vi è una discrepanza: una parte di uomo mancante

Ogni epoca che ha compreso il corpo umano, che ha almeno sperimentato il senso di mistero che provoca la sua organizzazione, le sue risorse, i suoi limiti, le combinazioni di energie e di sensibilità che contiene, ha coltivato e venerato la Danza.

Ogni arte si configura come un insieme di atti più o meno nascosti, ma è dalla qualità della loro successione e dalla persistenza di questi nell’opera, che valutiamo l’esistenza o meno della sua artisticità. Possiamo riconoscere di possedere un eccesso di potenza rispetto ai nostri bisogni:

possediamo più vigore, più possibilità articolari e muscolari di quanto i nostri bisogni richiedono

 

Ph. Spyke Jones

Filosofia della Danza 2013, ‘Subaquea’ Ph. Spyke Jones

Così scopriamo che alcuni di questi movimenti, per mezzo della loro frequenza, della loro successione e della loro ampiezza ci spingono fino a un’ebbrezza a volte così intensa che soltanto il totale esaurimento delle proprie forze può interromperne l’esasperato dispendio motorio. Vediamo troppe cose, percepiamo troppe cose di cui non facciamo altro uso e di cui nulla possiamo fare. Emerge la necessità di riconoscere al corpo una ulteriore identità che viene a radicarsi nelle sue intime strutture fisiologiche e che si manifesta attraverso l’azione, il movimento di cui si mostra capace.

Da questo aspetto del fare umano nasce un cosciente tentativo di esplorare una nuova concezione dell’arte e dell’uomo in generale: l’arte che si esprime attraverso il linguaggio deve superarlo per fare del linguaggio l’arte stessa. Anche solo per un attimo. Si gioca tutto nell’attimo in cui il nostro modo di essere non è più lineare, temporale, ma cosmico, sostenuto dall’intenso consumarsi di un’energia di qualità superiore.

Non è che la creazione di una specie di tempo, o di un tempo di un genere completamente distinto e singolare.

Per quegli occhi che trasformano tutto ciò che vedono in prede dello spirito astratto – la Danza è una forma del tempo.

 

Siamo dentro una durata da noi stessi generata, una durata costituita interamente da energia attuale, fatta interamente di nulla che possa durare.

E’ l’instabile. Si prodiga l’instabile – e a forza di negare con il suo sforzo lo stato ordinario delle cose, crea per lo spirito l’idea di un’altra condizione – di una condizione eccezionale. La Danza è il mito incarnato, uno stato che non sarebbe che di azione, una permanenza che si consolida attraverso una produzione incessante di lavoro, assimilabile al vibrante sostare di un calabrone davanti al calice dei fiori che sta esplorando – carico di potenza motrice – praticamente immobile e sostenuto dal battere incredibilmente rapido delle sue ali.

Tutte le sensazioni che sono al tempo stesso motore e movimento sono anche incatenate – e secondo un ordine preciso – si ripercuotono, si riflettono sulla parete invisibile della sfera delle forze di un essere vivente. Un particolare sguardo che si interroga – si inabissa senza prevedere la fine, entra in una interrogazione illimitata, nell’infinito delle forme interrogative.  E’ il nostro mestiere.

Esitiamo, fermi – sulla terribile soglia che separa una domanda da una risposta, isolando l’arte della Danza da un suo impiego immediato e da qualche espressione particolare. Potremmo davanti a quest’arte affliggerci con le solite domande, i soliti perchè e i come – ma non siamo addetti ai lavori. Non siamo ad-detti a nulla. Quanto è vero che lo sguardo proietta il mondo, non ci accontenteremo di subirlo senza tentare di approfondire il mistero di un corpo che – all’improvviso – come per effetto di uno choc interno, entra in una sorta di vita allo stesso tempo stranamente instabile e stranamente regolata; e allo stesso tempo stranamente spontanea ma stranamente complessa e certamente elaborata.

'Air' Giovina autoritratto, olio su tavola, 2001

filosofia della danza II 2001 ‘Air’ autoritratto, olio su tavola

Questa estraneità rispetto all’ambiente, questa assenza di scopi, questa negazione dei movimenti spiegabili, queste rotazioni complete che nessuna circostanza della vita quotidiana può esigere dal nostro corpo, questo stesso sorriso che non è indirizzato a nessuno, tutti questi aspetti sono decisamente opposti a quelle delle nostre azioni nel mondo pratico. Tutto cessa come il cessare di un sogno in cui nulla ci permette di pre-vedere che abbia una fine. Ve l’ho già fatto presagire – è un modo della vita interiore nella quale domina la fisiologia. Riconoscere questa possibilità vitale come l’esistenza in sè è rivoluzionario, nel vero senso della parola. Perchè è un diritto fondamentale perduto, dimenticato-dimenticando d’aver incarnato il mito attraverso un mondo coabitato dagli dèi in una costellazione universale di identità, come in una sola moltitudine.

Tutte le arti sono forme differenziate dell’azione, quando ogni azione non tende all’utile e allo stesso tempo è sottoposta all’educazione, al perfezionamento, allo sviluppo

 

Una poesia generale dell’azione degli esseri viventi che fa del corpo che in quel momento possiede un oggetto atto a trasformazioni, alla successione degli aspetti, alla ricerca dei limiti delle potenze istantanee dell’essere. La difficoltà che ci propone, la metamorfosi che da questa si ottiene, gli spaccati che si ricavano finiscono per allontanarci, a volte eccessivamente – dalla terra, dalla ragione, dalla ‘nozione media’ e dalla logica del senso comune.

Non appena è interamente se stessa, liberata da tutto ciò che è momentaneo e da tutto ciò che è dettato dal bisogno e al servizio di uno scopo, la vita viene afferrata dal ritmo e dall’armonia, dalla matematica nelle sue origini che regna nel fondo delle cose e diviene nuovamente visibile nella perfezione della figura

 

Questo è l’attimo in cui ci si affranca dalla quotidianità – unendo i più tragici contrasti trapassando nei movimenti originari, lenti o veloci, trattenuti o agitati, ma, in ogni caso, grandiosi e solenni. Si è nella propria figura originaria, non più contro qualcosa, nel dialogo e nella risposta. Sei quella figura, quel gesto, quel movimento. Forma originaria dell’esserci umano e al tempo stesso la forma originaria dell’essere in generale, dell’essere delle nuvole, del vento, dell’acqua e delle montagne fino al sole e le stelle.

Nel modo più immediato, nella sacralità di ciò che è originariamente essenziale non insegna nulla. Non discute nulla. Incede maestosamente

 

Filosofia della Danza III -2004

Filosofia della Danza III -2004


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