Open/Close Menu Maria Giovina Russo

A chi non desidera che i fiori, vorrei mostrare la primavera che vive nei boccioli sulle colline coperte da una coltre di neve.   Rikyu

Anche nelle manifestazioni più semplici abbandoniamo il limitato spazio euclideo della nostra coscienza per gettare uno sguardo nelle capricciose volute della vita con i nostri occhi ciechi.

Ph. Maria Giovina Russo

che di essa non ci si accorga

All’apparenza si mostra come una ingenua osservazione della vita: nessuna introduzione speciale di materiale, nessun gioco di pedali, nessuna intenzionale ostentazione avvertirebbe l’occhio. Dovrebbe apparire come un piccolo mondo, infinitamente più limitato del mondo reale. In realtà una semplice immagine – parassita del mondo reale mette tra parentesi la massima parte delle cose che sappiamo del mondo: poichè non possiamo uscire dai suoi limiti, siamo spinti a esplorarlo in profondità.

La precisione e la lucidità della visione delle condizioni del compito aiutano a trovare senza sperimentalismi un equivalente esatto dei propri pensieri e delle proprie sensazioni.

Questa lucida visione – diamantea per la sua incorruttibilità – nei limiti delle sue sfaccettature ci da la possibilità di rigettare tutto ciò che è inutile, estraneo, non indispensanile – in modo che si risolva da sè il problema di ciò che è necessario e di ciò che contraddittorio al nostro progetto.

Questi volontari occhi – cristallizzati come pietre preziose – limitano il campo della vista organica ma ci permettono di creare una forma autentica: vivente testimonianza umana capace di emozionare e interessare lo spettatore.

Soltanto quando sappiamo tuffarla nel torrente della realtà che fugge via impetuosamente si concretizza in un istante raffigurato, nella sua irripetibilità e unicità emozionale e di tessitura. Un organismo compiuto in grado di svilupparsi secondo le proprie leggi.

Altrimenti è destinata ad invecchiare e morire ancor prima di nascere.

Ancora una volta – non si tratta di una registrazione naturalistica dei fatti – ma della capacità di far passare per osservazione la propria percezione dell’oggetto

 

Proveremo allora un autentico piacere avvertendo che non siamo in grado di esaurirlo, di afferrarlo fino in fondo. L’immagine autentica fa si che chi la percepisce provi contemporaneamente sentimenti complessissimi, contraddittori, che a volte persino si escludono a vicenda.

Insomma,

 l’immagine non è questo o quel significato espresso da un autore, ma un mondo intero che si riflette in una goccia d’acqua. In una goccia d’acqua soltanto.

 

Ph. Maria Giovina Russo

percepire e percorrere

Che cosa significano ad esempio, in senso funzionale, le immagini di Leonardo da Vinci, di Mozart o di Edgar Allan Poe? Esattamente nulla. Di per sè stanno a significare quanto siano autonome.

Esse vedono il mondo per la prima volta, come se non fossero appesantite da nessuna esperienza precedente. Il loro sguardo indipendente è simile a quello di chi fosse appena giunto in esso.  Come in un sogno in cui ci si trova dentro – e a un certo punto ci si accorge e si decide che quello che ci accade è un sogno. Certo, come diceva Novalis,

“siamo prossimi al risveglio quando sogniamo di sognare”


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